Educazione alla nonviolenza

Un gesto semplice e gentile

Una rosa per dire no alla violenza

Shivani

La luce che scaccia le tenebre

Induismo o meglio Sanatana Dharma più che una religione
è un modo di vivere.
L’unica religione che mette al centro la divinità femminile:
Devi “Madre dell’Universo”, che sconfigge i demoni del male.
Devi è “Shakti”, l’energia cosmica primordiale, è l’energia della natura.
O cara donna, creatura meravigliosa, le tue azioni devono essere come la
divinità Lakshmi; Lakshmi è gentilezza, protezione e maternità.
Le tue parole devono essere dolci come la divinità Sarasvati: simbolo della
conoscenza, delle arti e della verità.
Tu simile a “Durga – l’Invincibile” puoi distruggere le forze demoniache
dell’universo, e trasformare l’energia in bene.
O cara donna, Tu sei la luce, il rifugio, non trattenerti mai!

In occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne, il 25 novembre 2018, l’Unione Induista Italiana ha voluto promuovere in tutti i templi aderenti in Italia, con un gesto simbolico del dono di una rosa, il rispetto della donna e dunque della vita a partire da coloro che sono madri, figlie e sorelle. In questa occasione, durante le funzioni religiose nei templi ogni uomo e bambino ha regalato una rosa alle rispettive madri, alle figlie, alle mogli e alle nonne.
Il gesto è stato molto gradito da parte delle donne e anche molti uomini, dopo un iniziale imbarazzo, hanno partecipato e accettato
con condivisione questa novità. La rosa è un fiore bello delicato, profumato ma allo stesso tempo forte come è la donna, una creatura gentile, con una forza immensa, data dall’amore per gli altri, dall’istinto materno di protezione e di cura. In molti templi sono stati recitati per l’occasione dei mantra o letture dedicati alle divinità femminili, in particolare a Durga Devi, la Dea guerriera denominata anche l’Invincibile.
L’evento è nato anche per contrastare i soprusi registrati lo scorso anno (2018) in molti ambiti della comunità femminile immigrata, dove si attestano condizioni e dati talora inquietanti. Come afferma Marco Omizzolo, sociologo e responsabile scientifico della Cooperativa In Migrazione, la situazione, specialmente nelle campagne, è disastrosa in quanto a caporalato: “Per le donne le esperienze di sfruttamento e ricatto sono più estreme. Mentre infatti per gli uomini le retribuzioni sono di tre euro in media per un’ora di lavoro, per le donne si arriva a 1,5/2 euro. Le lavoratrici migranti, inoltre, sono soggette a ricatti raccapriccianti come quelli di carattere sessuale e di licenziamento se non si soddisfano le ansie sessuali del padrone o del caporale di turno. 

Sono emblematiche le molte storie delle lavoratrici rumene a Ragusa, in Sicilia, come anche i casi registrati in Calabria, Puglia, Campania e in provincia di Latina. Situazioni che sono difficili da far emergere e che solo una ricerca attenta e servizi sociali molto professionali possono intercettare. Le difficoltà sopraggiungono anche in ragione del fatto che molte lavoratrici ricattate o violentate sono madri e questo le rende assai più restie alla denuncia avendo come obiettivo primario quello della tutela del figlio/a sotto qualunque punto di vista. Le donne asiatiche impiegate in agricoltura in provincia di Latina, ad esempio, percepiscono retribuzioni inferiori del 50% rispetto ai colleghi uomini e vivono condizioni di irregolarità contrattuale estreme.
Nella mia esperienza decennale di ricerca ho incontrato braccianti asiatiche vittime di caporalato che, pur lavorando 30 giorni al mese, percepivano in busta paga circa 300 euro. Sinora se ne contano circa 2000 impiegate nelle serre pontine. A questa condizione si somma ancora una eccessiva ritrosia da parte delle relative comunità nell’affrontare questo tema, quasi considerato di secondo piano rispetto a quello riguardante gli uomini. Tutto questo è dimostrazione di uno scadimento morale della società e del sistema economico di produzione che, in agricoltura e non solo, si fonda ancora su episodi di tale violenza”.
A questi episodi bisogna reagire. Come asserisce Svamini Hamsananda Ghiri, “la violenza può essere fisica, verbale o psicologica, ma una rosa è sempre segno di gentilezza… siamo felici dunque di comunicare, con grande orgoglio ed entusiasmo, che proprio a questa iniziativa hanno aderito braccianti di Latina, mungitori dell’Emilia, operai, commercianti e professionisti: uomini!
Domenica 25 novembre li ha visti tutti testimoni di un gesto simbolico forte e gentile”.

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